Notizie gestione finanziaria Commento ai rendimenti – giugno 2025

Commento ai rendimenti – giugno 2025

Ritorna di attualità il tema dazi dopo i nuovi annunci di Donald Trump. Elon Musk chiude i rapporti con il Presidente USA. Aumentano le tensioni sui mercati anche sul piano geopolitico dopo l’attacco israeliano nei confronti dell’Iran.

Il mese di giugno.

L’inizio del mese riparte con nuove tensioni sul piano commerciale, in particolare dopo l’annuncio di Donald Trump di aumentare al 50% i dazi sulle importazioni di acciaio e alluminio. Inoltre, il Presidente USA ha anche accusato la Cina di aver violato un accordo commerciale e ha di conseguenza “ventilato” la possibilità di misure più severe nei confronti di Pechino. Ma la Cina stessa smentisce categoricamente le dichiarazioni USA. Anche le altre controparti commerciali degli Stati Uniti sono coinvolte: il 4 giugno ha rappresentato l’ultimo giorno disponibile per presentare delle “migliori offerte” per le negoziazioni sulle tariffe.

Ci sono quindi tutti gli “ingredienti” per la “ricetta” dell’incertezza sui mercati, il che si è tradotto in un andamento a tratti temporaneamente e moderatamente negativo ma tutto sommato composto, con un movimento delle principali piazze finanziarie incentrato sulla cautela ma senza fasi di eccessivo nervosismo. Gli effetti sui mercati si sono inoltre “sciolti” come neve al sole. Le borse cinesi hanno infatti dato maggior peso ai risultati positivi delle società tecnologiche piuttosto che alle dinamiche commerciali. A supporto di ciò, i colloqui telefonici tra Trump e Xi Jinping si sono incentrati esclusivamente su tematiche commerciali. Non sono stati svelati particolari dettagli, tuttavia lo stesso Trump ha dichiarato che l’esito del colloquio è stato “molto buono”.

La successiva rottura tra Trump ed Elon Musk è stata mal digerita dagli investitori, con il titolo Tesla che è crollato del 14% in un solo giorno. I malumori di Musk sono legati almeno in parte alla cosiddetta “Big Beautiful Bill”, la proposta di legge fiscale che dovrebbe portare a una riduzione delle tasse e delle spese per programmi sociali (ad esempio Medicaid) ma che allo stesso tempo farebbe aumentare il deficit federale di quasi 3.000 miliardi in 10 anni. Inoltre, sarebbero esclusi gli incentivi applicati agli acquisti di auto elettriche. Da qui il malumore di Musk.

Intanto, sul piano commerciale, si torna allo scontro con l’Unione Europea, dopo che il Presidente USA ha annunciato l’intenzione di comunicare ai partner commerciali le nuove tariffe imposte unilateralmente. Comprensibili i ribassi moderati sulle piazze finanziarie europee, ma alcuni effetti si sono osservati anche sui mercati valutari (euro ai massimi sul dollaro dall’ottobre 2021).

Nel corso del mese di giugno sono poi le questioni geopolitiche a prevalere su quelle commerciali, con il focus sull’improvvisa escalation in Medio Oriente dopo l’attacco israeliano nei confronti dell’Iran e in particolare contro le infrastrutture nucleari del paese. È l’inizio di un periodo di quasi due settimane caratterizzato da un inasprimento delle tensioni nell’area e di conseguenza da un innalzamento della volatilità sui mercati. All’attacco israeliano si è susseguita la risposta iraniana, mentre l’apice è stato raggiunto con l’intervento degli Stati Uniti e il bombardamento di alcuni siti nucleari iraniani. Questi ultimi rispondono a loro volta con successivi attacchi alle basi statunitensi in Qatar e minacciano la chiusura dello strategico stretto di Hormuz. Tuttavia, in poco tempo si raggiunge un accordo di cessate il fuoco, stipulato il 24 giugno, che ha determinato la fine degli scontri.

Si è trattato di una fase fortunatamente breve ma comunque intensa per i mercati finanziari, con conseguenze negative sulla componente azionaria, ad eccezione di alcuni settori quali quello energetico, il quale invece ha beneficiato maggiormente della risalita del prezzo del petrolio, che è risalito intorno a quota 75$/barile per poi ridiscendere sulla scia del successivo cessate il fuoco. Tra le materie prime, spicca anche l’impennata dell’Uranio, che nel mese di giugno ha guadagnato quasi il 10%.

La successiva distensione delle tensioni geopolitiche tra Iran e Israele ha determinato una fine del mese con un tono più costruttivo e le attese ora si sono riversate di nuovo sull’evoluzione della politica commerciale, in particolare con l’UE. Un aspetto positivo che riguarda uno dei principali partner commerciali, che è stato tra i primi a risentire della politica dei dazi, ovvero il Canada, è il fatto che il governo ha annullato la tassa che colpisce le aziende tecnologiche statunitensi e ciò rappresenta un elemento importante nel proseguimento delle trattative con Washington.

Complessivamente i mercati azionari hanno chiuso il mese con un andamento contrastato: moderatamente negativo per le borse europee, mentre decisamente più positivo per quelle americane e asiatiche.

Sul fronte monetario nel mese di giugno la BCE ha ridotto ulteriormente i tassi di 25 punti base, portando il tasso sui depositi presso la banca centrale europea al 2%. Tra gli elementi positivi c’è sicuramente l’inflazione che si è mostrata stabile e che dovrebbe mantenersi intorno al livello target (2%) anche nei prossimi anni. Si tiene però in considerazione l’impatto che la politica commerciale USA può avere sia sui prezzi sia sulla crescita economica. La componente bond ha di conseguenza beneficiato almeno in parte del calo dei tassi di riferimento nell’area.

Più cauta invece la FED, che lascia i tassi invariati. L’economia USA è ancora solida ma restano incertezze sulla crescita in quanto sono ambigui gli effetti delle politiche commerciali e fiscali. L’inflazione potrebbe subire mutamenti alla luce anche delle tensioni in Medio Oriente e dell’impatto sulle materie energetiche. Resta una certa titubanza sulla componente governativa USA, sulla base in particolare delle incertezze legate alla politica fiscale oltre che delle tensioni geopolitiche. In ogni caso l’andamento stabile dell’inflazione e il mercato del lavoro ancora robusto ha determinato un buon supporto al treasury USA. L’ultima asta dei titoli di Stato a 20 anni ha mostrato infatti una buona domanda con rendimenti in calo rispetto alla deludente asta di maggio.

Buona anche la performance dell’obbligazionario corporate europeo che risente proprio del parziale disimpegno degli investitori dai titoli statunitensi, mentre la componente più rischiosa del debito europeo (titoli high yield) sta vivendo un periodo piuttosto florido, grazie anche ai tassi più contenuti rispetto all’area USA.

DINAMICO

Prosegue la crescita del comparto Dinamico, con un risultato a giugno del +1,92% e superiore a quello del benchmark (+1,66%). Da inizio anno il portafoglio recupera le perdite dei mesi precedenti, chiudendo il primo semestre del 2025 con una crescita del +1,57%, solo leggermente inferiore a quella del benchmark (+1,65%).

PRUDENTE

Buona anche la performance del comparto Prudente, con un risultato mensile del +1% e migliore rispetto al benchmark (+0,85%). Il portafoglio ritorna in territorio positivo rispetto all’inizio dell’anno, chiudendo il primo semestre del 2025 con una performance del +0,62%, sostanzialmente in linea con quella del mercato di riferimento (+0,67%).

GARANTITO

Marginale rialzo anche per il portafoglio del comparto Garantito con una performance mensile di poco superiore alla parità (+0,09%). Da inizio anno il risultato si consolida ulteriormente con una performance del +1,85% superiore a quella del parametro di riferimento (+1,43%).

*I rendimenti indicati nei commenti dei singoli comparti rappresentano dati finanziari lordi.